Biografia
Angelo Serio, attore, regista, sceneggiatore, docente di recitazione. Queste definizioni, in un certo senso obbligate, suonano un po’ come etichette riduttive per comprendere una persona, come lui, fuori dagli schemi.
Serio ha iniziato da giovanissimo come attore e già nei primi anni Novanta ha fondato, insieme a Lucio Allocca, Massimo Cambria, Sergio Di Paola e Imma Simonetti, il Théâtre de Poche, portando in scena testi d’avanguardia, sia come attore, sia come regista. Appassionato, certo, del suo mestiere, ma affascinato da sempre dalle scienze di confine, dall’ignoto, dalle sperimentazioni in tutti i campi del sapere.
Che si trattasse di una sua idea originale, di un lavoro su commissione (il corto doc Giardino inglese) oppure di un lavoro per il sociale (lo spot per la Fondazione Affido), Serio non ha mai smesso di sperimentare, mettersi alla prova, mettersi in discussione, giocando a mescolare - nei suoi film - stili, intuizioni e suggestioni dalle matrici più diverse: scienza, filosofia e suggestioni mistiche.
Questo suo essere transdisciplinare lo ha portato ad approcciarsi al suo lavoro in maniera originale, dedicandosi anche a progetti “rischiosi”, ma continuando al contempo a impegnarsi con passione nel suo mestiere, che non ha mai concepito solo come fonte di reddito; ragion per cui ha sempre fatto, in ogni lavoro in cui è stato coinvolto, ciò che stimolava maggiormente la sua creatività.
Ed è proprio dalla sua continua necessità di sperimentare, senza mai adagiarsi sul già noto, che è nata in lui, dopo circa tre anni dedicati all'insegnamento della recitazione e soprattutto dei metodi più noti (da Stanislavskji a Strasberg fino a Meisner), la pulsione a non accettare come qualcosa di definitivo ciò che grandi maestri del passato hanno “scoperto” e teorizzato.
Pulsione che lo ha indotto a ricercare nuovi approcci, incrociando discipline differenti, al fine di modificare l’idea della recitazione, come in passato ha fatto con l'audiovisivo, anticipando i tempi (nel 2001 Angelo Serio, ben prima della scoperta italiana di Michael Moore e dell'esplosione, con Borat, del fenomeno del mockumentary, si inoltrava, con Isa 9000, nei territori fino ad allora inesplorati della docufiction), realizzando progetti in cui univa tradizione e sperimentazione, dandosi l’opportunità di essere il primo a stupirsi del suo lavoro. Il tutto sì con leggerezza, ma anche con profondo rispetto del proprio ruolo e di quello dei suoi compagni di viaggio.
Nello stesso tempo ironico e “serio”. Nomen Omen, appunto.